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Centrale Frido: perché la società civile è contro un progetto speculativo |
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7/03/2020 | La giunta regionale Basilicata ha di nuovo autorizzato la ditta Lageri srl, con una proroga di 18 mesi, la realizzazione della centrale idroelettrica lungo il fiume Frido, i cui lavori furono bloccati dall’Ente Parco del Pollino nel 2017. La Regione avrebbe potuto dare un segnale di discontinuità amministrativa, dato che il provvedimento nasce dalla precedente giunta uscita sconfitta dalle elezioni. Dobbiamo constatare purtroppo che con queste nuove autorizzazioni si attua una politica contraria alla vocazione turistica e di tutela ambientale dell’ area protetta, visto che parliamo di un fiume con tratti che rientrano in zona 1 (di massima tutela cioè) del Parco nazionale del Pollino. Il Fiume Frido ha un valore in sé, per la sua bellezza, per essere un importante habitat dove vivono specie vulnerabili come la lontra, la trota fario, il merlo acquaiolo, varie specie di anfibi, solo per citarne alcune: non può essere concepita come una riserva idrica di energia! Si deve concludere che la nuova giunta abbia sposato una logica di sviluppo industriale favorevole a progetti speculativi, che sotto l’egida della “pubblica utilità” vanno incontro agli interessi di pochi imprenditori, a discapito della tutela ambientale e dei cittadini che vivono, difendono e promuovono le bellezze naturalistiche del proprio territorio. La nuova autorizzazione data dalla Regione Basilicata suscita tra gli oppositori della centrale meraviglia e rabbia. Come già accennato, i lavori furono interrotti dall’Ente Parco (a seguito delle denunce dell’associazione Gruppo Lupi che rappresento) proprio per la gravità degli scempi ambientali documentati poi dai tecnici del Parco: sbancamenti, distruzione del bosco ripariale, occlusione del letto del fiume con i detriti di scavo, allargamento abnorme della stradina che costeggiava il fiume. Dopo tale disastro sembra incredibile che sia stata data una nuova autorizzazione che proroga di 18 mesi i termini di validità del giudizio di compatibilità ambientale. Ci sono cittadini che giustamente dicono: “se io taglio un albero senza autorizzazione è un reato penale, questi qui invece fanno quello che vogliono”. La ditta Lageri fu solamente obbligata dal Parco a dei lavori di “ripristino” con la messa a dimora, tra le altre cose, di qualche pianticella, dove prima esisteva un bosco di piante mature: un ripristino puramente formale, perché non può esserci un vero ripristino,a meno che il fiume venga lasciato in pace per molti decenni; solo allora la natura – forse - ripristinerà il corso del fiume così com’era prima! Al di là delle questioni puramente legali, riguardanti la validità di autorizzazioni e pratiche burocratiche, il discorso è sostanziale, è politico, e la nuova giunta regionale deve dare prova di maturità, decidendo da che parte stare: dalla parte della tutela ambientale, delle associazioni, del turismo sostenibile e dei proprietari dei terreni che saranno espropriati, o dalla parte di speculatori che già hanno compiuto uno scempio e che possono continuare come se niente fosse ad andare avanti? Confidiamo comunque in un passo indietro dei vertici politici regionali, una scelta questa che andrebbe incontro alle richieste della società civile del versante lucano del Pollino… e non solo, visto che il caso ha ormai una rilevanza mediatica nazionale.
Ma quali sono gli impatti della centrale idroelettrica? Nel caso del Frido parliamo di tratti di fiume ancora “wilderness” con un’importante biodiversità, emergenze ambientali che fanno del nostro territorio un’eccellenza che richiama ogni anno migliaia di visitatori… e che non vanno sacrificate allo scopo (puramente economico e utilitaristico) di produrre energia! Quello della sottrazione della risorsa idrica vitale è uno degli impatti più rilevanti degli impianti idroelettrici. Chi conosce e vive il fiume sa bene che a causa dei cambiamenti climatici la portata del fiume si è ridotta di molto negli ultimi anni. C’è stata poca acqua in autunno e anche adesso che è inverno. La centrale idroelettrica del Frido assicurerebbe solo 150 l/s di deflusso minimo vitale mentre avrebbe una portata massima di 1351 l/s , con un evidente divario tra quanto prelevato e quanto garantito, nel caso di un fiume che è già captato a monte nell’area delle Sorgenti del Frido. Sarebbe messo a rischio un intero ecosistema fluviale e le specie che ne fanno parte, nonché attività come l’escursionismo – ricordiamo che lungo il Frido passa uno dei cammini più importanti a livello nazionale, il Sentiero Italia - o la pesca di torrente. Il problema non riguarda solo la sottrazione della risorsa idrica, come già si è visto c’è l’impatto dei lavori per fare avanzare la condotta forzata che viaggerà per otto chilometri; e poi bisogna ricordare la colata di cemento rappresentata dall’edificio della centrale, che dovrebbe sorgere in località Codicino (comune di Chiaromonte) in un’area integra dal punto di vista paesaggistico, a ridosso dell’Eremo del Beato Giovanni da Caramola, importante sito storico-religioso: mettiamoci pure la condotta di restituzione delle acque in cemento di 2 mx 2m, nella parte più selvaggia del Frido, quella delle Gole basse, e il quadro è completo! La scusa che giustifica questi impianti è che producano “energia pulita”, ma tutte le fonti, anche quelle rinnovabili possono avere un grande impatto ambientale: dov’è l’energia green se per produrla dobbiamo sfasciare un fiume e quindi l’ecosistema che rappresenta? Purtroppo anche nel caso dell’idroelettrico è avanzata l’ombra della speculazione, che sfrutta i lauti incentivi europei che vengono erogati per la costruzione di questi impianti, i quali stanno deturpando i torrenti di montagna anche in altre zone d’Italia. Se proprio si vuole incentivare il rinnovabile, invece di queste opere calate dall’alto e ad alto impatto ambientale si pensasse ad una produzione “dal basso” dell’energia, come ad esempio l’installazione di impianti fotovoltaici a gestione comunale con pannelli solari su edifici pubblici, capannoni industriali, scuole, serre di aziende agricole ecc.: solo per citare un esempio virtuoso, si ricorda l’iniziativa di San Lorenzo Bellizzi, paese del Pollino dell’entroterra calabrese…
La centrale del Frido ha visto l’opposizione non solo delle associazioni locali, ma di numerose associazioni prestigiose che si sono mobilitate a difesa del fiume, da Italia Nostra al WWF, alla Lipu, all’Associazione Italiana WIlderness, che rappresento in Basilicata. Non vogliamo tenere conto nemmeno di questi importanti attori della società civile? E mi preme ricordare come sempre il grande contributo dato dal consigliere del Parco (e nostro socio onorario) Ferdinando Laghi, rappresentante in consiglio delle associazioni, nonché delle valutazioni dell’ingegnere Ferrante De Benedictis. Se il movimento ambientalista (o ancora meglio conservazionista) è unito, si possono vincere anche battaglie apparentemente destinate alla sconfitta. Nel 2017 come Gruppo Lupi San Severino Lucano eravamo soli e contro tutti, i lavori della centrale avevano tutte le autorizzazioni, compreso il parere favorevole del Parco; ma con la nostra presenza attiva sul territorio (scarponi ai piedi… e si va) abbiamo documentato con denunce, foto e video lo scempio che stava subendo il nostro caro fiume Frido… ed il Parco ci ha diede ragione, dopo un sopralluogo dei suoi tecnici bloccò i lavori. Intanto come associazione siamo impegnati ad informare il pubblico su questa vicenda intervenendo sui canali mediatici, un’attività importante se si pensa che il progetto della centrale passò quasi in sordina, senza che la cittadinanza fosse informata. Anche negli ultimi mesi la ripresa della mobilitazione è stata possibile perché associazioni e cittadini sono stati attenti a monitorare la vicenda, in pratica andandosi a leggere sull’Albo Pretorio della Regione delibere e procedimenti autorizzativi che riguardavano l’iter di realizzazione della centrale del Frido. Siamo riusciti ad ottenere già un sopralluogo del consiglio direttivo del Parco nel tratto che fu interessato dallo scempio nel 2017, il 20 febbraio scorso. Attendiamo, come promesso anche dal Presidente del Parco Domenico Pappaterra, il tavolo di confronto con la Regione Basilicata, con la speranza che la giunta regionale, in autotutela e rappresentando le ragioni dei cittadini, associazioni e società civile in generale, faccia un passo indietro e blocchi il progetto della centrale. Se fosse necessario saremo comunque pronti, assieme alle altre associazioni, ad intraprendere anche azioni legali contro questo assurdo e nefasto progetto, che ha già inferto una ferita al nostro fiume e che continua a minacciare il suo ecosistema.
Saverio De Marco
Presidente Gruppo Lupi San Severino Lucano
Delegato regionale AIW (Associazione Italiana Wilderness)
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