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Tedofori di memoria e impegno a Melfi e Rionero |
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3/03/2020 | Per motivi di sicurezza sanitaria e per i rischi causati dalla presenza del coronavirus sul territorio nazionale Libera Regionale, d’accordo con il Presidio del Vulture-Melfese, visto il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, firmato anche dal Ministro della Salute, rinvia ad altra data la manifestazione “Tedofori di memoria e impegno” prevista per il giorno 8 marzo 2020 nelle piazze di Melfi e Rionero in Vulture.
Le città di Melfi, Rionero in Vulture e tutto il territorio erano pronti per accogliere al meglio, con grande cura e in spirito di condivisione e solidarietà la presenza di tante persone e associazioni per un appuntamento che è solo rimandato ad una data da definire.
Libera ringrazia tutte le associazioni, le scuole, i cittadini, la diocesi di Melfi-Rapolla e Venosa, le istituzioni per il sincero contributo profuso con onestà e generosità durante tutta la fase di organizzazione della manifestazione.
L’Associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie di Basilicata e il Presidiodi Libera del Vulture-Melfese, insieme a tante associazioni del territorio, la diocesi di Melfi-Rapolla e Venosa e le istituzioni scolastiche della zona, in occasione del XXV anniversario della nascita dell’Associazione Libera, hanno organizzato la manifestazione “Tedofori di memoria e impegno”.
La manifestazione che si svolgerà nelle piazze di Melfi e Rionero in Vulture il giorno 8 marzo 2020, con inizio alle ore 9.00 a Melfi e successiva continuazione alle ore 11.30 a Rionero, fa parte del percorso in preparazione della XXV Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie promossa da Libera: una fiaccola verrà portata in giro per l’Italia, in una specie di staffetta simbolica che toccherà diversi territori, da Padova, luogo dell’ultimo 21 marzo, per proseguire il suo viaggio da Nord (toccando Torino, Milano, Genova, Bologna), per scendere verso Firenze, Roma, Napoli, Foggia, Locri per poi concludere il viaggio il 18 marzo a Palermo.
La scelta delle due cittadine lucane è legata a quanto avvenuto, nel pomeriggio di domenica 19 gennaio 2020, a Vaglio, che ha visto coinvolti alcuni giovani di Rionero in Vulture e di Melfi, e indirettamente le loro famiglie. Una violenza insensata, probabilmente solo mascherata dalla rivalità sportiva, che ha lasciato a terra una giovane vita e ne ha ferito altre.
Abbiamo bisogno di affermare con forza che è inconcepibile che una dimensione così importante e diffusa per una comunità, come lo sport, debba, ancora una volta, fare i conti con comportamenti di natura violenta.
Facendo nostre le parole di Monsignor Fanelli vogliamo sentire forte il dovere di costruire ponti di dialogo, non muri di rancore. Non possiamo negare che spesso questi atteggiamenti rancorosi, che attraversano le nostre comunità e la nostra società, sono una delle cause che impediscono la crescita sociale e culturale del nostro territorio; questa pericolosa decrescita genera paura che, quando non la si controlla, porta sempre “a costruire muri, prigioni, risentimenti, capri espiatori. A confondere le diversità con l’avversità”.
Il contrasto a queste storie di “miseria umana” non può prescindere da un cambiamento culturale, da un diventare tutti cittadini più responsabili, estranei ai meccanismi della delega, artefici e custodi del bene comune. Non basta acquisire il mero concetto di “legalità”. Il semplice rispetto delle regole non può essere la base di una formazione sociale e civile. Le regole non sempre promuovono e difendono il bene comune e l’adesione alle regole può essere anche un atto opportunistico, mosso dall’interesse o dal timore o dal semplice conformismo, dunque tale da non coinvolgere l’etica della persona, la radice profonda del suo essere al mondo. È a questa radice che dobbiamo mirare e indirizzare i nostri progetti educativi, nelle scuole e dovunque. La legalità deve fondarsi sulla responsabilità, che è la legge della coscienza, quella che ci affida le sorti della nostra vita, la possibilità di scegliere, di decidere, ma anche il compito di essere liberi con gli altri e non contro gli altri, di impegnare la nostra libertà per liberare chi ancora libero non è. È per mezzo di questa responsabilità vissuta, non solo teorizzata, che tanti giovani, anche in contesti difficili, poveri di opportunità, devono scoprire la passione e la bellezza dell’impegno per il bene comune, dell’essere cittadini fino in fondo. La bellezza di una vita che si fa ricerca di verità e si spende per costruire giustizia: fra tutte, la più degna di essere vissuta. Ma questa responsabilità educativa comporta anche – anzi, prima di tutto – quella di mettersi in discussione come educatori, come genitori, come cittadini; di interrogarsi sui propri limiti, sulle proprie motivazioni, sull’efficacia o meno dei propri strumenti.
Il bravo “maestro”, il bravo “genitore” non ha paura di scompaginare gli schemi, di uscire dai ruoli, di fare a meno di assetti collaudati. Perché l’educare deve avere un occhio vigile sulla società, essere un sismografo di cambiamenti spesso impercettibili, accogliere il nuovo e l’istanza di vita che il nuovo sempre porta con sé e di cui i giovani sono espressione. È questa doppia attenzione alla persona e alla società che permette di cogliere le loro passioni, le loro inquietudini, le loro capacità e sostenerle finché saranno loro, i giovani, a procedere in autonomia alla ricerca di un bene che è personale ma al contempo, promosso dal rapporto educativo, è il bene di tutti, il bene di un’intera comunità.
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