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“C’era una volta il dialetto”, il primo studio sul dialetto rotondese |
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6/02/2020 | “C’era una volta il dialetto” è un libro scritto da Enzo Fittapaldi, insieme a Salvatore Fittipaldi, con l’obiettivo di tener viva la memoria attraverso il recupero del dialetto rotondese.
“Abbiamo avuto l’idea un po’ di tempo fa – ci ha spiegato Enzo Fittipaldi, docente rotondese di Italiano e Latino in pensione e che ha concluso la sua carriera a Bologna – tanto è vero che ci abbiamo lavorato due anni. Il nostro intento è conferire un valore fonetico alla pronuncia, perché quando scriviamo le parole lo facciamo attraverso un dialetto maccheronico”.
In passato era già stato scritto un libro sul dialetto rotonedese dall’Associazione Culturale "I Ritunnari", dal titolo “I parole i na vota”, ma era differente da questo volume poiché raccontava proprio il dialetto maccheronico, ovvero scritto come viene parlato.
Il volume – “C’era una volta il dialetto” è uno studio (354 pagine) sulla grammatica del dialetto rotondese, che si basa su approfondite evidenze scientifiche: una ricerca a 360 gradi su segni, suoni, parole della zona arcaica calabro-lucana. Analisi che ha visto gli autori impegnati nell’utilizzo di terminologie riconducibili all’IPA (l’alfabeto fonetico internazionale, molto difficile); all’alfabeto del dialetto lucano, grazie agli studi della professoressa Patrizia Del Puente, ordinario di Glottologia e Linguistica all’Unibas (nel testo contrassegnato dalla sigla ADL); arrivando quindi alla trascrizione in dialetto rotondese (nel libro con l’acronimo ADR). Circa il dialetto rotondese è riportato anche il confronto con quello maccheronico.
Nel testo, quindi, ci sono passi in dialetto internazionale, lucano (alto potentino) e rotondese. Una vera e propria ricerca dialettologica che, nella scrittura, prevede proprio l’impiego di caratteri particolari facendo ricorso ai cosiddetti grafemi.
“Dopo questo studio – ha aggiunto il prof – siamo arrivati a delle conclusioni che abbiamo proposto nel libro, ma naturalmente il dibattito è aperto. Anzi mi auguro che altri ci si possano cimentare, in modo da migliorare la qualità della nostra ricerca”.
La difesa delle tradizioni – È il primo studio nel suo genere che riguardi Rotonda, anche se l’estate scorsa la professoressa Del Puente aveva inviato una sua assistente a Rotonda, la quale aveva incontrato persone del posto per sottoporle a un test finalizzato ad inserire anche il dialetto rotondese nell’Atlante Linguistico di Basilicata (A.L.ba.).
“Abbiamo deciso di scrivere questo libro – ha proseguito Enzo Fittipaldi – perché ci sentiamo legati alle nostre radici rotondesi e vorremmo lasciare una traccia soprattutto ai giovani, altrimenti il dialetto è destinato a perdersi. Ho paura che possa scomparire con la mia generazione. Ecco perché abbiamo pensato fosse necessario lasciare qualcosa. Attraverso i detti che abbiamo riportato, che raccontano le tradizioni popolari, traspaiono cultura e carattere del nostro popolo. Vengono fuori prerogative quali, ad esempio: la saggezza, l’indole scherzosa e, soprattutto, la fatica che c’è dietro la vita della comunità contadina. Noi siamo montanari ed i montanari conoscono la fatica e sono persone sagge. Quando insegnavo apprezzavo davvero tanto i figli dei contadini, poiché, se volenterosi, da loro riuscivo ad ottenere il massimo. Il vero insegnante si vede da ciò che riesce a trasmettere ai ragazzi che provengono dalla famiglie più “umili”. Nel senso che i figli di medici, ingegneri o avvocati arrivano da contesti familiari che agevolano l’apprendimento”.
Lo sponsor e il sogno – Un inizio quasi per gioco: “Abbiamo cominciato quasi scherzando, ma poi ci siamo appassionati al lavoro. Io e Salvatore (impiegato di Poste Italiane anch’egli in pensione, ndr) abbiamo frequentato le scuole elementari insieme, siamo amici di lunghissima data ma viviamo molto lontani e non ci vediamo da oltre 30 anni. Lui abita a Genzano di Roma e siamo andati avanti in costante contatto grazie alle nuove tecnologie, ma senza mai incontrarci”.
Il progetto è stato completato, ma per essere pubblicato necessita di qualcuno che si faccia carico delle spese. “Io e Salvatore lo abbiamo ultimato non certo per lucrarci, non ci interessa minimamente. Tre mesi fa avevo inviato una bozza al sindaco di Rotonda, all’assessore alla Cultura e al Turismo affinché il Comune potesse pubblicarlo e ne erano stati entusiasti. Noi gli doniamo il libro molto volentieri, poi magari, dopo il recupero delle spese, potrebbero destinare i proventi in beneficenza. Ribadisco che non siamo stati certo animati da uno scopo commerciale. In proposito, la vicesindaco mi ha chiamato martedì sera e mi ha comunicato l’intenzione di chiedere dei preventivi”.
Nel libro troviamo anche tantissime istantanee che raccontano Rotonda, partendo da un’epoca lontana per arrivare fino ai giorni nostri. “Molte foto le avevo io, ma sono stato aiutato da tanti rotondesi”.
Tuttavia, l’opera nasconde anche un fine particolare che il prof definisce “un sogno”. “Sarebbe bello che, a partire dalla scuola primaria, si iniziasse ad insegnare la grammatica del dialetto. Forse sto sognando, ma ci spero”.
Vecchie e nuove opere – Enzo Fittipaldi non è alla sua prima fatica letteraria sul suo paese d'origine, in quanto nel 1976 aveva scritto un libro (che fu però pubblicato) dal titolo “Rotonda Nerulum”, di cui furono autori anche Umberto D’Aquino e Saverio Lauria, che raccontava il borgo oggi immerso nel Parco Nazionale del Pollino partendo dalla sua storia, analizzandone gli aspetti sociali e antropologici anche attraverso compiuti dati statistici.
Inoltre, accanto a questo ultimo che è in attesa di essere pubblicato, in cantiere c’è anche un altro lavoro, quasi terminato, sul rito arboreo in onore del Santo patrono di Rotonda al quale, oltre agli stessi Enzo e Salvatore Fittipaldi, hanno collaborato con i loro scatti fotografici Luca Greco ed Emanuela Di Sanzo.
“Ho scoperto – racconta ancora Enzo Fittipaldi – che il rito arboreo, come lo conosciamo noi in Basilicata, si celebra anche in Svezia in un villaggio a nord di Stoccolma e nel nuovo libro ho anche inserito una foto che mi è stata donata di questa festa, nella quale si vede che anche loro alzano un albero a spalla”.
Gianfranco Aurilio
lasiritide.it |
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