Nonostante la povertà delle genti, i lavori pesanti che svolgevano e le numerose malattie, come, malaria, pustola maligna, tbc tracoma, che le affliggevano, anche l’analfabetismo inteso come incapacità di leggere e scrivere contribuì a ostacolare lo sviluppo delle popolazioni.
Era molto più diffuso nell’Italia meridionale e nel 1860 vi erano in media 78% di analfabeti che nel 1950 scesero a12,9%e a 2,9% nel 1990. Il fenomeno era sparso e differente nella nostra penisola. I nuovi governanti cercarono di migliorare, oltre che lo stato di vita, e di salute delle persone anche la istruzione.
Furono istituite “scuole reggimentali” per i maschi durante la leva militare, scuole serali, accessibili a tutti i cittadini, e scuole rurali nelle campagne; le scuole serali nei paesi venivano frequentate da molti cittadini adulti, mentre nelle campagne insegnanti furono dislocati sul territorio con multiclasse per educare i giovani.
Anche la radio, con il programma “LA RADIO PER LE SCUOLE”, e la televisione, con la trasmissione ”NON E’MAI TROPPPO TARDI”, dettero un valido contributo.
La regione più analfabeta era la Basilicata (2005) con il 13,87%, seguiva la Calabria 13,2, il Molise12,2, la Sicilia 11,3, la Puglia 10,8, l’Abruzzo 9,8,la Campania 9,3, la Sardegna 9,1, l’Umbria 8,4.
Vi era ancora in agricoltura nel 2000 qualche imprenditore con azienda agraria con centinaia di capi di bestiame(mucche podoliche), che firmava i contratti con un segno di croce, così come qualche coppia sull’atto del Matrimonio. I salariati, conduttori di mucche, pecore, capre, maiali analfabeti, usavano la taglia per tenere i conti con il padrone.
L’analfabetismo vero è quasi scomparso tra la gente, ma attualmente si assiste sempre più ad un analfabetismo funzionale, presente specie fra i giovani e che si manifesta con la incapacità di usare in modo efficace l’abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni di vita quotidiana.
Un 14enne su tre non comprende un testo in italiano di media difficoltà, e tutto ciò è stato dimostrato dalle prove INVALSI, che hanno messo in luce lo stato di salute della scuola italiana. In pratica vi è l’incapacità di comprendere, valutare ed usare le informazioni scritte (a.e. articoli di giornale, bollette, orari di mezzi pubblici, cartine stradali, foglietti illustrativi di farmaci, istruzione di apparecchiature). Tale deficit è riscontrabile anche in persone che hanno conseguito un diploma ed incide inesorabile nell’andamento della vita quotidiana.
Difatti, le ricadute a livello socio-economico sono rappresentate dal fatto che gli individui interessati sono più facilmente soggetti ad intimidazione sociale, a rischi per la salute, a varie forme di stress ed a bassi guadagni.
Per l’alfabetizzazione civica di una società è necessario che le scuole, specie quelle tecniche dove il fenomeno è più frequente. sappiano portare anche gli studenti meno brillanti a raggiungere l’alfabetismo funzionale richiesto per comprendere testi, documenti di base associati ad una cittadinanza competente.
In Italia i dati OCSE-PIAAC del 2016 riportati dal Corriere della Sera mostrano come l’analfabetismo funzionale riguardi il 27,9% degli italiani tra i 16 ed i 65 anni.
ANTONIO MOLFESE
MEDICO GIORNALISTA
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