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Pubblicato il primo libro di COVA Contro, intervista a Giorgio Santoriello |
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23/11/2019 | “COLONIA BASILICATA” è il primo libro di COVA Contro, nota associazione di volontariato ambientale guidata da Giorgio Santoriello, autore del volume, che da anni è impegnata in Basilicata in prima linea contro le attività estrattive ma non solo.
“Dopo i primi cinque anni di attività di Cova Contro – scrive Santoriello – ho deciso di racchiudere in un libro d’inchiesta e denuncia i dati e le foto, anche inedite, mai pubblicati neanche sul nostro sito, racchiudendo questo diario di viaggio in un libro divulgativo, fatto per chi non sa o per chi vuole avvicinarsi alla tematica ambientale regionale … ma non solo a quella”.
“Un diario di bordo nell’esplorazione della cupola lucana, un sorta di romanzo d’inchiesta. Il titolo “COLONIA BASILICATA” parte senza sconti, in coerenza col taglio storico che ha sempre connotato l’azione di Cova Contro”.
Come mai hai deciso di scrivere questo libro?
L’ho scritto perché in questi anni è capitato spesso che mi chiamassero affinché gli facessi una sintesi della situazione. Ma farlo è un po’ difficile poiché parliamo di situazioni differenti tra loro, molto complesse e con tanti intrecci. Ecco perché è nata l’idea del libro, che racconta una serie di accadimenti che abbiamo studiato.
Come consideri il quadro regionale generale, lo vedi desolante?
Il quadro generale è pesante perché l’aspetto peggiore non è il numerino che viene fuori dalle analisi, quanto la mancanza di una comunità che reagisca in maniera coesa di fronte ai problemi del territorio. In un conteso di omertà, ignavia e apatia chi vuole fare affari trova terreno fertile.
Tu insisti da anni su questo tasto ma come spieghi questa condizione, possibile che ci siano interessi talmente tanto diffusi da coinvolgere in pratica tutti?
Secondo me il problema è la carenza culturale, perché la Basilicata è una Regione dove si legge e ci si informa poco. In alcuni Comuni anche importanti come Gorgoglione, attraversato da particolari interessi, non arrivano neanche i quotidiani. Nelle scuole entrano le compagnie petrolifere ma non le associazioni che si oppongono alle estrazioni; così come non vi entra la libera ricerca. Mentre in Enti importanti come Unibas, almeno negli ultimi 7 anni, non c’è mai stato un convegno in cui si discutesse dell’impatto del petrolio ma si continuano a fare convegni sempre e solo per parlare di come spendere i soldi che derivano dall’attività petrolifera. Per cui, siamo di fronte ad un vero appiattimento culturale e c’è disinteresse e individualismo. Si pensa esclusivamente ai propri interessi personali: e c’è chi ha avuto qualcosa ma, soprattutto, c’è chi aspetta di ricevere qualcosa. Ma in tanti pensano che sia tutto inutile e che non si possano sconfiggere i colossi, ma non hanno capito che la scelta più pericolosa che si possa fare è proprio quella di rinunciare a lottare: mentre, al contrario, bisognerebbe quanto meno provarci.
Cosa ne pensi del documento contente le proposte dei sindaci della Val d’Agri, in particolare circa la possibilità di una sede distaccata di Arpab a Viggiano?
È una proposta distraente e forviante perché ormai il petrolio sembra un po’ come Babbo Natale, ed ecco qualche sindaco che periodicamente dice quello che vorrebbe utilizzando anche impropriamente termini quali ambiente e salute. Noi non abbiamo ancora controllori all’altezza del problema, per cui anche portare Arpab in Val d’Agri, ad oggi, servirebbe a nulla. Continuiamo a commettere gli stessi errori: i controllori non devono occupare anche posizioni di controllo politico, non devono essere di nomina politica e, soprattutto, anche se domani il masterplan fosse completato, Arpab non disporrebbe di tutta la strumentazione e di tutto il personale per mettere in campo i controlli che servono. E, purtroppo, i sindaci non solo non fanno tutti questi ragionamenti, ma li evitano in quanto intorno al petrolio si fonda un grande conflitto di interessi perché se i Comuni, nel momento in cui si bloccano le attività, entrano in pre-dissesto finanziario, ma con quale terzietà i sindaci gestiscono la questione petrolifera. Al netto anche di alcune carenze molto evidenti, ma facilmente risolvibili, come la mancata trasparenza sulle assunzioni. In questi anni abbiamo raccolto decine di nomi di amministratori locali che lavorano nel settore petrolifero: quindi, con queste sovrapposizioni, quale credibilità o autonomia della politica si può avere rispetto alla questione petrolifera.
Anche alla luce del cambio al vertice della guida della Regione: cosa ti aspetti, hai fiducia nel futuro?
Io ho più fiducia nel futuro che nella Giunta Bardi, perché per quanto mi riguarda è in perfetta continuità con quella di Pittella: chiedono solo soldi, prima come oggi. Non parlano dei veri problemi né informano la gente sulle vere criticità e, alla fine, è soltanto una corsa all’accattonaggio ad aver un po’ più soldi dal carnefice. Nessuno che tenti o avanzi una questione morale e questo è spaventoso. Basti pensare al solo fatto di continuare a fare negoziati, a trent’anni dai primi, a porte chiuse. A me hanno insegnato che la politica incontra le aziende a porte chiuse, soltanto quando deve concordare le mazzette. Non vengono attuate le pubbliche inchieste o le pubbliche conferenze: siamo proprio fuori da ogni logica democratica. Queste sono scelte che condizionano non solo le nostre vite ma anche quelle delle prossime generazioni e, vedere che anche il Consiglio Regionale sia completamente esautorato da questi negoziati, fa riflettere sul fatto che ormai viviamo in una finta democrazia e che il vero potere sono le multinazionali e non i Governi.
Gianfranco Aurilio
lasiritide.it
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