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La poesia del giovane Fausto Paolo Filograna nella raccolta 'Persona' |
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19/03/2018 | Lo scenario iniziale è il lungomare di Gallipoli. Notte fonda. Poi, all'improvviso, una donna, "manciate di ossa", il respiro di Dio. Un crescendo di immagini irregolari che si sovrappongono dialetticamente. Sembra che sia il mare a riportarle a galla con il suo moto imprevedibile. Proprio l'immagine del mare (che "nella sua Onnipotenza/ dominava su tutto") è una costante nella poesia di Fausto Paolo Filograna, giovanissimo poeta matinese, bolognese d'adozione, che debutta nel mondo della poesia con la raccolta "Persona", edita da Giuliano Landolfi editore. L'evasione dal reale fa da sfondo all'intera composizione: una serie di immagini accostate in rapida successione e dalla natura ontologicamente ambigua. Una serata tra amici sul lungomare di Gallipoli diventa, con un passaggio imprevisto e inafferrabile anche per la mente del lettore più avveduto, lo scenario apocalittico di un'umanità interiormente smembrata, disorientata.
Ecco, dunque, che all'improvviso la stessa scena, così apparentemente chiara, diventa irriconoscibile e ogni dimensione spazio temporale si dissolve, lasciando dietro di sè il peso dello smarrimento. Forse c'è un punto, nell'anima di ognuno, in cui la realtà si fonde così tanto con l'onirico da diventarne parte indistinguibile. In quel baricentro, le immagini del vissuto diventano sfocate, irriconoscibili fino a cambiare forma, a diventare altro ("piedi bianchi che possiamo solo intuire/ strada nera che possiamo soltanto immaginare"). È un processo volontario della psiche. O forse no. È, a ben vedere, qualcosa di assimilabile al lavorìo del mare sulla sabbia: l'acqua, in maniera irruente, si imbatte sulla spiaggia e la stravolge, la trasforma, la corrode, malleandola, fino a cambiarle il volto o a non lasciare più nulla se... non "carte di consumazione e manciate di ossa". È questo, d'altronde, "quello che fa l'acqua: portare/ restare/ senza esserci più". Proprio come il tempo che nel silenzio lavora gli uomini.
Attraverso versi crudi ma consapevoli, frutto di studi e di riflessioni profonde, il testo mette in luce le contraddizioni di un'umanità smarrita, nel cuore della quale il nichilismo e la fede provano a sfidarsi senza via di uscita. Attraverso i ricercati passi delle Scritture emerge, in tutta la sua forza, la fede inconsapevole del poeta, coltivata, alimentata, a volte abdicata, profondamente "dubitata". Un avvertimento, però: non cercate risposte nella poesia di Fausto. Tra i suoi versi vi sono solo domande, interrogativi che si pongono come macigni sull'animo dell'umanità (-"c’è che a volte seduto al balcone mi sento fissare...” “e mi chiedo dov’è dov’è”- scrive il poeta). Nonostante questo, la poesia di Filograna, piaccia o no, é necessaria, perché impone la riflessione; solo la consapevolezza dell'interrogativo, nell'incertezza, sembra dare un senso alle cose. La mente è condotta alla sentinella del libro di Isaia che, nel dubbio della condizione umana e inconsapevole di quanto l'alba arriverà, invita comunque il passante a non arrendersi, a chiedere, a domandare, ad "avere fame" di conoscenza. Perché "l'umanità ha fame". Da sempre.
Mario Golia
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