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Basilicata sempre più...set: "Non si sevizia un paperino" |
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22/05/2012 | Lucio Fulci sceglie di ambientare il suo thriller “Non si sevizia un paperino” in un paese del sud Italia, set inedito sino ad allora per questo genere. Il film è considerato una delle opere fondamentali del thriller italiano e della carriera di Fulci; uno dei suoi migliori film, ma anche uno dei più inquietanti. Era il suo film preferito. Il soggetto è ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto a Bitonto nel 1971: una serie di delitti di bambini. Ad Accendura (Accettura) una donna scava una piccola fossa ai margini di un’autostrada. Estrae il corpo di un neonato e fugge. In paese, Tonino, Michele e Bruno, tre dodicenni del luogo, spiano due prostitute e i loro clienti in un casolare abbandonato. Insieme a loro c’è Giuseppe Barra, un pazzo che spia le coppiette appartate. I bambini si prendono gioco di lui che minaccia di ucciderli. La misteriosa donna dell’incipit compie una serie di riti di magia nera, trafiggendo con spilloni delle bambole. Michele, porta delle bibite a Patrizia, proprietaria di una lussuosa villa, che si fa trovare nuda provocando il bambino, ma la madre lo richiama. Poco dopo, Bruno viene brutalmente ucciso. I carabinieri iniziano le ricerche, dopo aver ricevuto una telefonata da un uomo che chiede il riscatto. Sul luogo arriva Andrea Martelli, un giornalista di cronaca nera. I carabinieri arrestano per l’omicidio Barra, trovato mentre sta per ritirare il riscatto; ma costui si proclama innocente. Sul posto c’è don Alberto Avallone, il giovane parroco del paese, che benedice la salma. La mattina seguente viene trovato un altro cadavere: si tratta di di Tonino, annegato in una vasca di pietra. La strana donna, da tutti chiamata “la maciara”, seppellisce le sue bambole. Andrea si reca da don Alberto, preoccupato per il futuro dei bambini del paese, in balia di troppe tentazioni. La notte seguente, Michele riceve una telefonata che lo invita a un appuntamento, uscito di nascosto, si reca all’incontro, dove viene ucciso. I carabinieri si recano da Zio Francesco , un anziano fattucchiere, che convive da anni con la maciara, che però non sa dire niente sulla donna. Una telefonata anonima, fatta da Aurelia, la madre di don Alberto, conduce i carabinieri nel luogo in cui si nasconde la maciara, che viene arrestata e confessa di aver ucciso i tre bambini perché avevano scoperto la tomba del suo bambino, nato da una relazione con Zio Francesco e morto misteriosamente anni prima. Ma la deposizione di un appuntato la scagiona e viene scarcerata. La maciara si reca al cimitero, dove i padri dei bambini uccisi, iniziano a pestarla a sangue; trascinatasi ai margini dell’autostrada, muore tra le auto che sfrecciano indifferenti. Andrea e Patrizia incontrano Malvina, la sorellina sordomuta di don Alberto mentre trascina una bambola decapitata. Mario, un bambino del paese, si avventura nel bosco, poco dopo verrà ritrovato con il cranio fracassato. Andrea Martelli, alla ricerca di una foto ad effetto, ha posizionato un paperino di gomma accanto al cadavere. Andrea e Patrizia vanno alla ricerca della parte mancante del pupazzo, appartenuto a Malvina, che trovano in una discarica mentre stacca la testa alle sue bambole, i due pensano che possa aver assistito ai delitti e li mimi sulle sue bambole. Don Alberto li informa che la madre è scomparsa insieme a Malvina. La donna e il figlio sono su una rupe deserta. Don Alberto tiene in braccio Malvina e sta per gettare nel vuoto. Il prete, tramite alcuni flashback, confessa di essere l’assassino dei bambini, uccisi per farli rimanere puri e salvarli dalle tentazioni. Aurelia li prega di fermare il figlio pazzo. Andrea lo insegue e i due hanno una colluttazione, durante la quale don Alberto precipita nel vuoto, fracassandosi il cranio contro le rocce. Il film è importante perché è in assoluto il primo realizzato dalla nuova casa di produzione Medusa Film. Il copione originario prevedeva di ambientare la storia a Torino, in un quartiere popolato dagli operai della Fiat. Durante le riscritture del copione fu deciso di ambientare il film nel paese immaginario di Accendura, per avere un’ambientazione meno fosca. Il nome Accendura fu adattato da Accettura, paese in provincia di Matera. Un cast di tutto rispetto che annovera Florinda Bolkan, Barbara Bouchet, George Wilson. Il film fu vietato ai minori di diciotto anni a causa delle scene di violenza e la sessualità morbosa mostrata, i problemi maggiori con la censura riguardarono la sequenza in cui la Bouchet si mostra nuda davanti a un bambino, poiché la legge proibiva l’impiego di minori in sequenze scabrose, in realtà interpretato da una controfigura. Forte e chiaro era lo slogan promozionale del film: “Il thrilling per chi ama le sensazioni forti…in tutti i sensi! Violenza, tensione, angoscia, suspense, erotismo, nel film interpretato da sei grandi attori”.
Nicoletta fanuele |
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