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Recensione de 'L'ultimo haker' di Giovanni Zaccardi |
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21/10/2017 | Nel libro di Giovanni Zaccardi “L’ultimo haker” di 368 pagine edito nel 2012 Casa Editrice Marsilio ed acquistabile al prezzo di 17,50 euro, ritiene che bisogna ragionare sul ruolo dei signori del digitale. L’autore considera positiva, anche se ancora molto insufficiente, l’iniziativa dei social network, nello specifico di Facebook e Twitter, che vogliono impegnarsi in una “moderazione” più significativa dei post e nella personalizzazione dei contenuti, con la diminuzione degli account oltre a vedere Kake. Alcuni media, da parte loro, moltiplicano gli articoli o gli strumenti di fact-checking, cioè si impegnano in una verifica dei fatti. Allo stesso modo nascono iniziative che vogliono analizzare e valutare la qualità dei siti in rete (un esempio, in Francia, è quello del quotidiano “Le Monde” che si può sperimentare alla pagina www.lemonde.fr/verification). Sono tutte iniziative che prendono le mosse da un’analisi giusta, ma che, purtroppo, a volte si rivelano controproducenti.
Gli hacker penetrano e devastano ogni tipo di sistema informatico, sia pubblico sia privato, infettandolo con virus e sottraendo materiali preziosi. Queste persone sono dei terroristi. Poi cambia lavoro e va a lavorare in una Baia, ma in uno studio di sole due stanze in centro a Milano, e non si occupa quasi più di diritti civili. E’ diventato un penalista tradizionale avvalendosi delle sue conoscenze del diritto italiano e ha seguito qualche corso d’aggiornamento.
Su tutti questi temi fondamentali Nicodemo trasmette le sue idee, le sue intuizioni e, ancor di più, la sua conoscenza dei social network, senza la quale discutere sarebbe futile.
Negli anni ottanta, prima di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, nella sua prima vita, era un hacker e Deus, membro attivo del Three For Hope, uno dei più importanti e rispettati gruppi hacker di tutti i tempi. A quel tempo l’hacking era ancora qualcosa di puro. La sana volontà di aggirare gli ostacoli imposti dall’esterno, di violare sistemi d’interesse pubblico che non era giusto rimanessero segreti, misteriosi e nascosti. Il protagonista del libro ha anche visto hacker innocenti tratti in giudizio dalle multinazionali e minacciati di danni per milioni di dollari. La loro unica colpa era la curiosità. Ha difeso ricercatori arrestati dopo aver svelato i difetti di programmi diffusi in tutto il mondo, ed assistito dissidenti politici, sorvegliati da anni e accusati di crimini inesistenti. Ha anche combattuto a colpi di Codice e Costituzione affinché la privacy fosse garantita in ogni angolo del mondo. Ha anche tutelato scienziati che sviluppavano sistemi di crittografia o strumenti volti a garantire l’anonimato. Nelle aule di tribunale, a questi bambini con gli occhioni grandi e la frangetta ribelle, ha tenuto la mano: non arrivavano nemmeno al tavolo della difesa mentre cercavano di comprendere le arcane parole pronunciate da un giudice che spiegava loro cosa stessero rischiando: multe milionarie alle famiglie, interdizione dall’uso del computer fino alla maggiore età, anni di galera.
Biagio Gugliotta
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