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| Cersosimo, sanità in bilico: cresce la paura per la chiusura della guardia medica |
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6/11/2025 |
|  Voci preoccupate, voci incredule, visi tirati, occhi bassi, braccia allargate. A Cersosimo si è sempre più preoccupati per la sorte della “guardia medica”, ma anche per il medico di famiglia: poche ore alla settimana. È sempre più difficile curarsi. La sanità, come le politiche socio-assistenziali, ormai è ridotta al lumicino. In piazza, nei negozi, non si parla d’altro. Davanti alla porta dell’ambulatorio dell’ASP, un avviso ai cittadini di Cersosimo. Un avviso che non promette niente di buono: probabilmente il primo passo – dice più di qualcuno – verso la chiusura dell’importante presidio. Per i turni scoperti, si legge, “i cittadini, nei giorni e nelle ore evidenziati, potranno rivolgersi per le visite ambulatoriali al presidio più vicino, ovvero a quello di Noepoli o a quello di Terranova di Pollino; per le urgenze, invece, al servizio di emergenza sanitaria territoriale (118)”. Uno schiaffo bello e buono, una mancanza di considerazione, ma anche una evidente incapacità di programmazione. Ormai la rabbia è tanta. Qualcuno propone di occupare il Comune, di scendere in piazza, ricordando la battaglia dei centomila a Scanzano. Bisogna difendere la salute, bisogna difendere con tutte le forze quell’articolo 32 della Costituzione italiana che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività. “Non si può stare a guardare: se non ci si batte per il bene più importante – si sottolinea – allora è davvero finita.” In caso di necessità, il tempo non passerebbe mai: la distanza da Noepoli e Terranova è tanta. Per le emergenze, poi, bisogna chiamare il 118, ma la domanda sorge spontanea: a chi tocca fare il numero? Chi stabilisce se è davvero un’emergenza? In questi giorni circola anche un documento, probabilmente una bozza, dove prende forma il nuovo assetto della medicina territoriale. Cersosimo dovrebbe rientrare nell’AFT (Aggregazione Funzionale Territoriale) numero 3, assieme ad altri quindici comuni. Con un comunicato di qualche tempo fa, che riprendiamo, i medici dell’ambito n. 3 Senisese-Pollino avevano preso posizione su una serie di punti. Eccone alcuni: dalla disponibilità ad assumere il ruolo di referente AFT, fino a mettere in discussione le stesse aggregazioni. “Nonostante siano giuridicamente costituite – scrivevano – non risultano operanti nella sostanza.”
 I medici – si legge nel documento – non conoscono il loro ruolo in base all’attuale posizione lavorativa. I medici titolari di continuità assistenziale chiedono (nonostante qualcuno ancora sostenga che la dicitura sia errata) se sono tenuti ad entrare nel ruolo unico. I medici titolari di convenzione a ciclo di scelta e titolari di continuità assistenziale sono tenuti ad accettare il ruolo unico? Si potranno organizzare delle reperibilità? E i medici che dovranno completare il loro lavoro a ciclo orario, dove dovranno svolgere queste ore? Nelle case di comunità o, se serve, anche nella continuità assistenziale? Una nota dura, dove si evidenziava – senza giri di parole – tutto lo sconcerto, il disappunto e anche una certa irritazione. “Si vuole cambiare, bene – dicono i medici – ma cosa, come, in quale direzione? Si parla di AFT, di ACCP – continuano – ma cosa sono? Come funzioneranno?” Tante le domande, in attesa di risposte.
Il tempo, in questo caso, non è denaro ma salute: la salute dei cittadini, specialmente dei più fragili. Il nuovo assetto, però, deve fare i conti con le esigenze dei pazienti, dei medici, degli operatori sanitari e delle istituzioni. Pertanto serve un sano confronto. Se i medici sono disorientati e preoccupati, figurarsi i cittadini. È giusto chiedere ai partiti, ai tanti rappresentanti nelle istituzioni, qualche parola in più sulle politiche socio-sanitarie e assistenziali. È giusto chiedere alle forze politiche se sono a conoscenza dei tanti dipartimenti che continuano a lavorare con affanno. Dipartimenti, reparti, unità operative continuano a garantire servizi essenziali solo grazie al sacrificio quotidiano di medici, infermieri, tecnici e di altre figure necessarie. Sul tavolo, dati e numeri in negativo, che lasciano poco spazio ad altre argomentazioni e interpretazioni. L’occasione per il Paese c’è stata (PNRR): probabilmente si può fare ancora qualcosa. Per potenziare i servizi sul territorio, servendosi delle strutture esistenti, “basterebbe un decimo del miliardo di euro previsto dal PNRR. Il resto potrebbe essere destinato a formare 200mila medici e 90mila infermieri, che servono oggi! Questa sarebbe una vera boccata d’ossigeno per la sanità: un’assistenza vicina alle persone, con servizi di qualità e la giusta attenzione alla nuova occupazione.” Non farlo, non prevedere investimenti per queste ed altre figure, e non rivedere le politiche socio-sanitarie ed assistenziali territoriali e di prossimità, sarebbe un disastro per le nostre comunità, con il rischio reale di sovrapposizioni inutili e dispendio di risorse preziose. Serve una programmazione coscienziosa e attenta, che parta dalle Università, dai centri di formazione, una programmazione europea capace di dare risposte efficienti, efficaci e soprattutto nel minor tempo possibile. Più di qualcuno è infastidito anche dai termini che in questo periodo vanno per la maggiore: resilienza, restanza, tornanza. Vocaboli buoni per gli antropologi. “Non siamo numeri, non vogliamo essere oggetto di studio, siamo stanchi di resistere” – dice più di qualcuno.
Poi, ci si guarda negli occhi e, di getto, parte una domanda fredda quanto spontanea: “Chi tornerebbe da queste parti, me lo dice? Dove il lavoro manca, dove il futuro è una continua scommessa. Basta! Serve una nuova programmazione, una programmazione che parta dal basso, dai territori, capace di garantire occupazione, servizi, dignità e libertà di decidere.”
Vincenzo Diego |
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Non con i miei soldi. Non con i nostri soldidi don Marcello CozziParlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua
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