Nell’ambito della maxi-inchiesta antimafia denominata «Kairos», coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, sono emersi gravi episodi di usura, estorsione e altri reati collegati alle attività criminali delle famiglie Scarcia e Scarci, attive tra le province di Taranto e Potenza. Secondo quanto riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno in un articolo firmato da Alessandra Cannetiello (31 luglio 2025), l’indagine coinvolge 33 persone indagate per una lunga serie di reati, tra cui prestiti usurari con tassi d’interesse che arrivavano fino al 300% annuo. Uno dei casi emblematici evidenziati nell’inchiesta riguarda un imprenditore in difficoltà economiche al quale, per un prestito di 20.000 euro, era stata imposta la restituzione di 60.000 euro in dieci mesi, con minacce e pressioni documentate nelle intercettazioni. In un altro episodio, un commerciante che aveva ottenuto 4.000 euro si è visto costretto a restituire oltre 10.000 euro in pochi mesi, consegnando anche la propria auto come garanzia fino al saldo del debito.
L'inchiesta Kairos rappresenta una costola del precedente procedimento Mare Nostro, da cui è emersa la pervasività del controllo esercitato dai clan sulle attività economiche locali. I sodali agivano anche sotto la copertura della cooperativa di pescatori «Nereide», considerata all’apparenza una realtà virtuosa, che invece sarebbe stata utilizzata per mascherare e favorire traffici illeciti, imponendo il controllo del mare e delle imprese legate alla pesca. Oltre ai reati di usura, La Gazzetta del Mezzogiorno riferisce che le accuse a carico degli indagati comprendono estorsioni (tentate e consumate), porto e detenzione di armi illegali, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, oltre a furti di veicoli – spesso restituiti solo dietro pagamento di un riscatto – e truffe assicurative. Un altro episodio degno di nota è il tentato assalto a un bancomat di Nova Siri (Matera), pianificato nei dettagli da cinque indagati con sopralluoghi e segnali lasciati sulle vie di fuga. Tuttavia, l’azione criminale fu annullata a pochi giorni dall’esecuzione, probabilmente a causa della crescente pressione investigativa.