Trent’anni fa, la criminalità organizzata mise a tacere la voce di Pietro Sanua, sindacalista e venditore ambulante, colpendolo a morte mentre si trovava al mercato di via Di Vittorio. Era il 4 febbraio 1995: Sanua guidava il suo furgone, pronto a sistemare la sua bancarella di frutta, quando i sicari lo affiancarono e aprirono il fuoco.
Accanto a lui, il figlio Lorenzo, allora ventenne, assistette impotente all’omicidio del padre. Da quel giorno, la sua famiglia attende giustizia.
Il caso, archiviato troppo in fretta, è stato riaperto solo due anni fa dalla Direzione Distrettuale Antimafia, grazie all’impegno del procuratore Alessandra Dolci.
Oggi, Lorenzo – che nel frattempo è diventato un punto di riferimento per "Libera Contro le Mafie" nel sud-ovest – e sua madre Francesca continuano a chiedere verità. Questa sera, nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova, si terrà un incontro per ricordare Pietro Sanua e il suo coraggio nel denunciare il racket mafioso.
Pietro Sanua era un uomo semplice e determinato, con un forte senso di giustizia.
Nato a Lavello, in Basilicata, il 13 giugno 1948, a soli 12 anni si trasferì a Milano in cerca di un futuro migliore. Lavorò come panettiere, commesso e aiutante di un ortolano prima di avviare, nel 1972, un banco di frutta e verdura ambulante. Nel tempo, divenne un punto di riferimento per i commercianti ambulanti, impegnandosi nella tutela dei loro diritti.
La sua onestà e il suo rigore lo portarono a ricoprire incarichi di rilievo: segretario e poi presidente provinciale dell’ANVA di Milano, oltre che membro della Commissione comunale per il commercio ambulante. Denunciò irregolarità e il racket delle postazioni di vendita, scontrandosi con gli interessi della ‘ndrangheta. La sua lotta per la legalità gli costò la vita. Il 4 febbraio 1995, all’alba, mentre si recava al mercato con il figlio Lorenzo, fu assassinato con un colpo di lupara da un’auto che lo affiancò lungo via Lorenteggio. Lorenzo, unico testimone, non poté fare nulla per salvarlo. Pietro aveva 47 anni. A distanza di 30 anni, la sua famiglia attende ancora giustizia, mentre il suo impegno continua a vivere nel ricordo di chi lotta per un commercio libero dalla criminalità.
Non con i miei soldi. Non con i nostri soldi di don Marcello Cozzi
Parlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua