«Un forte boato. Poi il buio». «Lo scenario che abbiamo trovato al nostro arrivo era quello di una bomba appena esplosa». Sono le drammatiche testimonianze di un vigile del fuoco (in quel momento fuori servizio) e della dottoressa del 118, rese nell’udienza di ieri al Tribunale di Lagonegro. Continua così il processo per la morte della giovane Giovanna Pastoressa, 28 anni. Entrambi, per motivi diversi, hanno raccontato il disastro che colpì Lauria il 13 dicembre del 2019, quando parte del tetto del Palazzetto dello Sport si staccò e andò a finire sulla palestra nella quale si stava allenando anche Giovanna Pastoressa. Gli imputati sono 9, accusati a vario titolo di omicidio colposo e lesioni personali colpose. Ci sono i responsabili del procedimento, il progettista strutturale, il collaudatore, il titolare e l’amministratore unico della ditta aggiudicataria dei lavori, il progettista della struttura in legno lamellare che copriva il palazzetto, il legale rappresentante della società che ha provveduto alla posa della struttura lamellare e il progettista dell’opera. Quella sera in palestra c’era anche un vigile del fuoco. In quella che era una «normale serata d’inverno», come ha precisato, l’uomo, fuori dal servizio, si stava allenando quando, all’improvviso, crollò tutto. Fu il primo, assieme al titolare della palestra, ad accorgersi di Giovanna e a soccorerla. La giovane donna era a terra, ancora sul tapis roulant, priva di sensi.
Poi arrivò il 118. «Era tutto buio, i vigili del fuoco ci facevano strada tra le macerie- ha detto la dottoressa Alessandra Palagano che aveva appena cominciato il turno quando arrivò la chiamata- la dottoressa Pastoressa aveva una ferita profonda nella regione occipitale, il cranio era completamente sfondato. La stabilizzammo e poi la trasportammo subito al Pronto Soccorso più vicino, a Lagonegro».
In aula, come sempre, c’erano anche i genitori di Giovanna, Domenico e Maria Cristina, in quella che forse è stata, finora, l’udienza più difficile per il ricordo di quei momenti terribili in cui tutto è accaduto, seguiti dagli avvocati Raffaele Melfi e Antonio Donadio e accompagnati dall’associazione Libera.
Inoltre sono stati ascoltati, tra gli altri, anche i consulenti di parte della famiglia Pastoressa, gli ingegneri Raffaele Landolfo e Mario D’Aniello. La loro relazione conferma sostanzialmente quanto già descritto dai periti della Procura. «Dall’analisi della documentazione depositata e dalle verifiche strutturali condotte- si legge nella sintesi presentata in aula- si è appurato che se la forcella fosse stata armata come dai disegni di progetto, avrebbe potuto resistere ad un vento di velocità più che doppia rispetto al valore di progetto e non sarebbe avvenuto il sollevamento della copertura».
Che in parole semplici, significa che così come realizzata quella parte di copertura del palazzetto (sprovvista dei fermi e dell’armatura necessaria) non avrebbe resistito nemmeno alla forza del vento che, secondo la normativa, deve essere previsto in fase progettuale.
Mariapaola Vergallito