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Referendum su lavoro e cittadinanza, costituito a Potenza il comitato

21/02/2025

Si è costituito a Potenza il comitato per il referendum su lavoro e cittadinanza che si terrà presumibilmente tra il 15 aprile e il 15 giugno. La Corte Costituzionale ha ritenuto validi i cinque quesiti referendari per i quali nel 2024 la Cgil ha raccolto 5 milioni di firme. I comitati sono allargati ad associazioni, partiti e società civile.



“Ogni comune della provincia avrà il suo comitato referendario – spiega il segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito – a oggi ne abbiamo già istituiti una ventina. Il messaggio che vogliamo mandare è che ciascuno di noi, con il voto, ha la possibilità di cambiare in meglio il Paese. Andando a votare e votando sì ai quattro quesiti referendari rimuoviamo l’ingiustizia che nega il diritto alla cittadinanza a 2 milioni e 500 mila persone che vivono e lavorano in Italia. Ogni anno muoiono mille persone sul lavoro e votando sì noi lo renderemo più sicuro, cancellando le leggi che hanno reso le lavoratrici e i lavoratori più poveri e precari”.



Cinque i quesiti referendari: per l’abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamento (Jobs Act); per l’abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; per l’abrogazione delle norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine; per l’abrogazione delle norme che impediscono, in caso di infortuni sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Il quinto quesito sulla cittadinanza punta al dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.



“Con il primo quesito mettiamo uno stop ai licenziamenti illegittimi. Nelle imprese con più di 15 dipendenti – afferma Esposito - le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500 mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo. Con il secondo quesito – aggiunge – garantiremo più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese. Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700 mila) in uno stato di forte soggezione rispetto al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore.



Con il terzo quesito – precisa Esposito – riduciamo il lavoro precario. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato. Il quarto quesito riguarda la sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500 mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi mille i morti. In Basilicata hanno superato le dieci unità i decessi per incidenti sul lavoro nel 2024 e due si sono già verificate in questi primissimi mesi del 2025. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro”.



L’ultimo quesito, infine, riduce da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. “Questa modifica – conclude Esposito - costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500 mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese. Questo referendum è l’unica occasione che abbiamo per cambiare le cose. È una battaglia di civiltà: il voto è la nostra rivolta”.



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