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A Terranova si è ripetuto l'antico rituale della 'Pita' |
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16/06/2013 | Occhi pieni di stupore che fissano, in alto, la cima di quell’albero che si erge maestoso e ieratico per circa 15 metri- Sì, un albero: è lui oggi il protagonista. Lo è stato per secoli, sin dalla notte dei tempi. Un giovane ragazzo ci prova. Si avvicina, lo abbraccio e poi tenta la salita. Il suono mistico delle zampogne permea tutta l’atmosfera, aumentando la tensione. L’apprensione è tanta. Dopo urla, canti e suoni, ad un tratto, però, cala il silenzio. Con un moto repentino e con straordinaria tenacia, quel ragazzo, timido e dall’aspetto rasserenante, toglie fuori tutta la sua grinta recondita, cercando di sfidare la natura, la vita, con la speranza magari che da lassù, dalla cima di quell’albero, il Cielo sia più vicino.
Anche quest’anno a Terranova di Pollino, in occasione della festa in onore di Sant’Antonio da Padova, si è ripetuto il rituale della “Pita”, straordinario esempio di sincretismo pagano religioso. Il rito arboreo, di origini pagane, richiama, probabilmente, l’antichissimo rito dell'Arbor intrat, celebrante la morte del giovane dio Attis. Quel giorno si tagliava il pino, simbolo del dio, se ne fasciava il tronco con sacre bende di lana rossa, lo si ornava di viole e strumenti musicali e sulla sua sommità si ponevano le effigi del dio giovanetto. L'albero veniva portato dai "dendrofori" fino al tempio di Cibele, dove avveniva la commemorazione funebre di Attis. Il rito sarebbe stato poi ripreso in chiave cristiana.
A Terranova, la festa inizia, puntualmente ogni anno, l’ultima Domenica di Maggio, quando, alle prime luci dell’alba, un bel gruppo di giovani si dirige nel bosco per scegliere una pianta di abete. Oltre alla pianta, che nel rituale della fertilità rappresenta il sesso maschile, viene poi tagliata una cima da un altro abete ( u cimaa) che rappresenta la “sposa” e che viene doverosamente ornata con fiori e nastri dalle donne lungo la processione verso il paese. L'abete, solitamente di una lunghezza che varia dai 16 ai 23 metri, doverosamente levigato, viene legato ad una coppia di buoi (ù paricchië) per fare la sua entrata trionfale in paese e la conseguente processione lungo il corso principale dell’abitato. Finita, a tarda ora, la processione “accompagnata” dai soliti canti popolari e dai prodotti gastronomici offerti in devozione dalla gente del posto, lo “sposo” e la “sposa” vengono portati dinnanzi alla cappella di Sant’Antonio da Padova, dove vengono lasciati fino al 13 giugno. In questo giorno, nel primo pomeriggio, l'abete e la cima vengono innestati, a sigillare il loro “rudimentale” matrimonio, arcaico simbolo di rigenerazione della natura, auspicio di fertilità. Così la cima e l'abete vengono innalzati e i giovani, a suon di braccia, si dilettano nel arduo tentativo di raggiungere la cima.
Quest’anno gli allori sono toccati al giovane Leonardo Salamone, 22 anni, che oltre ad aver toccato vittoriosamente la cima si è abbandonato, una volta salito, a “giochi acrobatici” che hanno meravigliato i tanti spettatori, lasciandoli a fiato sospeso . Una volta sceso dall’albero, Leonardo non ha nascosto la sua emozione, considerato che, dopo anni di tentativi, per la prima volta, ha raggiunto l’ambito risultato. Il secondo posto è toccato invece a Pasquale Labanca, di anni 21.
Oltre alle dovute congratulazioni ai due giovani vincitori, un grande plauso va a chi da anni si impegna affinchè queste secolari tradizioni continuino, nonostante le tante difficoltò, ad esistere.
Mario Golia
foto di Mario De Salvo |
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