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Milano. Mariti e Mogli, tutto in una notte al Manzoni |
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5/03/2018 | Nel bel mezzo della stagione, arriva a Milano, Teatro Manzoni, " Mariti e Mogli" di Monica Guerritore e Francesca Reggiani, proposto da a.ArtistiAssociati in collaborazione con Pierfrancesco Pisani e Parmaconcerti. La commedia, ispirata dal celebre film del 1992 di Woody Allen, direttamente dal grande successo del Quirino di Roma, sceglie Milano come l'altro capo del filo, per misurare la validità della rappresentazione e avere conferma del lavoro fatto. Dal debutto e dalle prime serate, già si capisce che sarà un susseguirsi di acclamazioni ed applausi convinti , che saluteranno, nel successivo tour lungo lo stivale, le fatiche piacevoli di Monica Guerritore. In questa occasione, è una e trina, per la riscrittura del testo di Allen, la regia e l'attrice principale. Una bella faticaccia , che solo una pimpante signora come lei può sopportare e dalla quale trae nuovi stimoli da giovane teenager. Lo ha detto chiaro e tondo già in conferenza stampa: sono la nuova Guerritore, dopo le disavventure patite da comune mortale e , per sua volontà, superate, perchè il Teatro non può stare senza di lei, senza un pezzo da novanta sulla scena.
Sono della compagnia anche Ferdinando Maddaloni, Cristian Giammarini, Enzo Curcurù, Lucilla Mininno, Malvina Ruggiano e Angelo Zampieri. Completano il cast Giovanni Licheri, Alida Cappellini per le scene, Valter Azzini per i costumi e Paolo Meglio per le luci. In una notte tempestosa, alcune coppie di amici , che di solito trascorrono in compagnia una serata scaccia pensieri, sono " prigionieri" in una sala da ballo, tra canti e suoni, dapprima spaesati,ma dopo poco tempo, entrati in confidenza, sentono il bisogno di raccontarsi, di confessare al vicino le proprie pene, i tormenti delle loro anime e pure di innamorarsi, nonostante la presenza di rispettivi mariti e mogli. Il tempo passa , con Luis Armstrong che si diletta con il suo jazz, e non passa invece la voglia di far sapere all'altro lo scontento dell'essere di ognuno, in una specie di confessionale gigante, dove il grande confessore sembra essere proprio Woody Allen. La Guerritore, la Mia Farrow del film, è un turbinio di una regia che fa girare tutti come trottole, senza tregua , fino al punto che lo spettatore sembra perdere il filo del discorso, se sapientemente, non desse la possibilità ad ogni personaggio di raccontarsi da solo. E qui viene fuori la bravura della Guerritore regista, che in lampo, e proprio il caso di dirlo, ti fa vedere chiarissimi gli intrighi dei protagonisti e le soluzioni finali con sorprese, compresa la sua che, si può dire, la ritrova a letto con il marito , dopo un divorzio laborioso e ricucito con reciproca soddisfazione e convenienza. Il resto della storia dovrete vederlo seduti nelle comode poltrone del Manzoni, se no , che gusto c'è. Vi assicuro che , alla fine, vi "scapperanno" spontanei gli applausi e le chiamate, che accomuneranno tutta la compagnia per la bravura dimostrata. I complimenti più affettuosi vanno, senza nulla togliere al resto della troupe,a questa donna caparbia, che ha risalita una china che avrebbe distrutto qualunque altra persona. Monica, che il mestiere lo porta nel sangue, ha dimostrato che solo la passione per quello che piace può fare rivedere la luce, dopo il tunnel. Ecco spiegato perchè , da prima donna, ci mette tutta la sua vivacità di una volta, la passione di una principiante, alla ricerca del primo successo e dei primi applausi . Una bella nota da tenere presente: il jazz di Luis Armstrong porta il pubblico immediatamente nel clima giusto di Allen, mentre Strindberg e Bergman vengono evocati nelle dinamiche tra mariti e mogli. La danza, il vino e la notte sganciano i corpi e liberano le energie, per l'eterno racconto d'amore.
In cartellone sino al 18 marzo.
Giovanni Labanca
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