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Le inchieste sull’amianto e quelle morti senza responsabili

29/04/2024



Una strage silenziosa che continua a mietere vittime che non hanno avuto giustizia. Un lungo e lento stillicidio di operai che per anni sono stati a contatto con il loro killer o di cittadini che hanno respirato inconsapevoli fibre minuscole e invisibile di un omicida silenzioso.


Delle morti di amianto, utilizzato per decenni nell’industria e nell’edilizia civile, la Lombardia conta il maggior numero di decessi e di malati, superstiti di una guerra lenta che ogni giorno, ancora oggi, combattono contro la malattia provocata da un materiale vietato ormai dal 1992. Una realtà che non ha avuto un riconoscimento giudiziario. A Milano, sono stati tanti i tentativi di imputare le tragiche conseguenze di anni di esposizione alle polveri in stabilimenti industriali, cantieri edili, aziende e uffici ai vertici delle aziende e ai dirigenti responsabili della salute dei lavoratori. Senza esito. Dalla Scala alla Alfa Romeo di Arese, dalla Pirelli alla Breda Termomeccanica, dall’Atm fino alla centrale Enel di Turbigo, quando la magistratura milanese è stata chiamata a stabilire colpe e responsabilità, sempre ha deciso per l’assoluzione. “Perché il fatto non sussiste”, la formula usata dai giudici della Corte d’appello, nel dicembre 2022, per i quattro ex dirigenti del Teatro alla Scala che erano imputati per omicidio colposo nel processo a Milano sulle morti di una decina di lavoratori esposti ad amianto al Piermarini, tra cui anche la cantante lirica Luciana Patelli. Una decisione confermata poi dalla Cassazione, che poco più di un anno prima aveva messo una pietra tombale anche sulla storica battaglia degli operai dell’Alfa Romeo di Arese. Nel luglio 2021 è infatti arrivata la sentenza di assoluzione per i manager che avevano ricoperto “posizioni di garanzia lungo dal 1974 al 1996”, a processo per la morte di quindici lavoratori dell’impianto industriale a nord di Milano.


“Sul diritto alla giustizia per lavoratori uccisi dall’amianto, respirato nel loro posto di lavoro, come tutte le consulenze e certificazioni, prodotte dall’accusa hanno dimostrato, ingiustizia è fatta, per sempre”, avevano commentato Medicina Democratica e di Aiea, l’Associazione Italiana Esposti Amianto. Per altri ventotto casi di operai morti per mesotelioma, al lavoro tra gli anni ’70 e ’80 negli stabilimenti Pirelli alla Bicocca, l’ultima sentenza è arrivata a Milano nel maggio 2022. Conferma delle assoluzioni di primo grado, poi ratificate fino in Cassazione. Dato che “l’inizio dell’induzione coincide con la prima esposizione” e che “la latenza minima ha una durata stimabile, nel massimo, in 15 anni e che le esposizioni successive non hanno alcuna rilevanza, nemmeno nell’accelerare il processo genetico del tumore – aveva scritto il giudice nelle motivazioni della prima sentenza – nessuno degli imputati può essere ascritto di aver cagionato o contribuito a cagionare il formarsi della neoplasia”. Stessi principi e stesso esito per le morti alla Breda Termomeccanica-Ansaldo di viale Sarca: assoluzione per sette manager per la morte di una decina di operai che nello stabilimento hanno respirato amianto tra gli anni ’70 e la fine degli ’80.


Nessuna responsabilità nemmeno per le morti in Atm, per i sei decessi tra il 2009 e il 2015 di operai che avevano respirato per anni l’amianto nelle gallerie della metro e nei depositi di autobus e tram. Impossibile “stabilire il momento dell’insorgenza del mesotelioma”, impossibile affermare che ci siano state omissioni dei vertici”, impossibile individuare un “ruolo anche solo concausale nella determinazione o nell’accelerazione” delle morti. Assoluzione anche per gli otto casi di lavoratori deceduti per mesotelioma alla centrale Enel di Turbigo, per cui la Cassazione ha rinviato al giudice civile solo per gli aspetti civilistici, e per gli operai morti alla Fibronit di Broni per gli amministratori indagati per omicidio colposo. La sequela di assoluzione non scoraggia chi chiede giustizia, le associazioni delle famiglie delle vittime e i colleghi degli operai morti che nonostante il tempo che passa e l’età che avanza continuano a chiedere giustizia. “Siamo determinati a cambiare il filone giurisprudenziale e a far emergere la verità e a chiedere giustizia, sicuramente non ci fermeremo – ribadisce Lara Mara, storico avvocato delle battaglie anti-amianto -. Contro la valutazione scientifica dei fatti, c’è ancora una posizione della giurisprudenza che non accoglie quella che è invece la tesi ormai recepita dalla comunità scientifica, quello della teoria “multistadio” sull’effetto acceleratore dei mesoteliomi in base alla dose e ai tempi di inalazione.


Vuol dire che più sei esposto all’amianto e più si abbrevia il periodo di latenza. Più respiri e prima muori”.


https://epiprev.it/pubblicazioni/amianto-e-mesotelioma-tutti-innocenti


 


 


 




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