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Mafia nel Metapontino, sentenza a Matera: 25 anni a Gerardo Schettino

29/06/2022



Con la condanna dell'ex carabiniere Gerardo Schettino alla pena di 25 anni e sei mesi reclusione, si è concluso in serata a Matera il processo a carico dei presunti componenti di un clan - ritenuto mafioso dalla Procura distrettuale di Potenza - che ha operato nel Metapontino. Per Schettino il pm, Anna Gloria Piccininni, aveva chiesto la condanna a 28 anni di reclusione.
Fra le accuse rivolte ai componenti del clan, la rapina ad un supermercato, l'incendio di un'azienda agricola, un tentativo di omicidio per della droga non pagata e, nel 2018, le minacce al giornalista Filippo Mele, che aveva denunciato le infiltrazioni del clan nella zona jonica lucana. Al termine di una camera di consiglio durata circa 12 ore, il Tribunale ha condannato a 26 anni e sei mesi di reclusione un altro imputato, Domenico Porcelli, e a 19 anni e sei mesi Nicola Lo Franco. Oltre a condannare altri imputati, il Tribunale ha disposto, per Gerardo Schettino e altri sette imputati, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'interdizione legale per la durata della pena e, per tutti i condannati, la libertà vigilata per tre anni dopo aver scontato la pena. In un altro processo analogo che si è concluso stasera, il figlio di Schettino, Giuseppe, è stato condannato alla pena di 20 anni e sei mesi reclusione. Per altri imputati il Tribunale ha deciso condanne da 17 anni e sei mesi a 12 anni di reclusione. (ANSA).


 


Don Marcello Cozzi su sentenza Tribunale di Matera: ''grazie allo Stato, non perdiamo mai la speranza''


In questi casi non si gioisce.


Non ci si attarda nella logica dell'avevamo detto.


In questi casi si pensa alle sottovalutazioni, a chi si è girato dall'altra parte, a quanti per anni, per troppi anni ci aveva accusato di caccia alle streghe, a chi non ha mai voluto pronunciare la parola mafia.


In questi casi si pensa a chi ha subito in silenzio, a chi è rimasto solo sotto il giogo mafioso, a chi non ha avuto il coraggio di denunciare. In questi casi si pensa a quanti oggi ancora non vogliono denunciare e si dice loro che a volte è questione di attese ben ricompensate, di gridi di dolore che prima o poi li Stato raccoglie.


A questo pezzo di Stato autorevole e credibile noi oggi diciamo grazie, a quel pezzo di Paese e di Basilicata ancora pieno di paura noi oggi diciamo di non perdere mai la speranza.




 


 




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