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Inquinamento e “segreti”, Bolognetti: "ennesimo rinvio udienza a mio carico"

17/04/2013

Di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani e Consigliere Ass. Coscioni

Confesso che a volte è davvero difficile non identificarsi nel protagonista del romanzo di Kafka “il Processo”. Nel marzo del 2010, un magistrato, il dottor Salvatore Colella, che dovrebbe essere trasferito in altra sede per la palese situazione di incompatibilità ambientale nella quale si trova, ebbe a disporre la perquisizione della mia abitazione dopo un fermo di 4 oltre ore presso la Stazione CC di Latronico. L’accusa? Rivelazione del segreto d’ufficio. Il segreto rivelato in questa paradossale e kafkiana vicenda è rappresentato dalla divulgazione di analisi sulla qualità delle acque prodotte dall’Agenzia regionale di protezione ambientale(Arpab) e dalla divulgazione di analisi da me pagate e commissionate alla Biosan di Vasto.
Analisi attinenti le acque invasate nelle dighe del Pertusillo, della Camastra e di Montecotugno. Analisi, quelle commissionate nel gennaio 2010 alla Biosan, che attestavano una contaminazione chimica e biologica degli invasi. Di quale segreto parli la Procura di Potenza è davvero difficile capirlo. Soprattutto se consideriamo che mai fino ad allora la magistratura potentina aveva indagato sulla qualità delle acque contenute nelle sopra citate dighe e in particolare nella diga del Pertusillo, e che è un diritto di ogni cittadino essere informato sullo stato di tutte le matrici ambientali.
Anzi, a dire il vero l’art. 5 della Convenzione di Aarhus afferma che “in caso di minaccia imminente per la salute umana o per l'ambiente, imputabile ad attività umane o dovuta a cause naturali” devono essere “diffuse immediatamente e senza indugio tutte le informazioni in possesso delle autorità pubbliche che consentano a chiunque possa esserne colpito di adottare le misure atte a prevenire o limitare i danni derivanti da tale minaccia”.
Leggi e Convenzioni a tutela dell’ambiente che evidentemente nella Basilicata Saudita contano poco, soprattutto se le stesse entrano in rotta di collisione con l’intento di chi vuole trasformare la Lucania in un hub petrolifero.
Nella petrolizzata Basilicata può succedere di tutto, anche che il Presidente del Parco nazionale dell’Appennino Lucano, con impagabile faccia tosta, si dichiari contrario al permesso di ricerca idrocarburi “la Bicocca” perché lo stesso potrebbe compromettere il “bacino idrominerario che alimenta le numerose sorgenti da cui provengo le acque minerali”.
Peccato che il pidiellino e consociato Presidente Totaro nulla abbia da dichiarare sul fatto che la diga del Pertusillo, che invasa 155 milioni di metri cubi d’acqua e che è riconosciuta come Sic(Sito d’interesse comunitario) e Zps(Zona di protezione speciale) in zona 1 del Parco nazionale Val d’Agri-Lagonegrese, conviva con la presenza del Centro oli Eni, di numerosi pozzi petroliferi e di un pozzo di reiniezione di rifiuti petroliferi. Peccato davvero che Totaro non abbia espresso analoghe perplessità e preoccupazioni rispetto ad attività estrattive effettuate a ridosso del Parco che presiede e di pozzi operativi ubicati in prossimità di importanti sorgenti, tributarie di altrettanto importanti invasi.
La verità è che il permesso “La Bicocca”, bocciato qualche giorno fa dallo stesso Ministero competente, sarebbe entrato in rotta di collisione con la Coca-Cola che in quell’area imbottiglia acque minerali. Nella Valle dell’Agip e del Sauro/Camastra, ahimè, invece la Coca-Cola non ha interessi e quindi poco importa se le attività estrattive rischiano di inquinare acque superficiali e profonde di interesse strategico.
A tre anni dalla perquisizione disposta dal dottor Colella resto in attesa di un processo che si trascina stancamente rinvio dopo rinvio. L’ultimo l’abbiamo registrato il 15 aprile e la motivazione addotta dal Presidente del collegio giudicante è di sicuro interesse per chi da tempo denuncia la bancarotta della giustizia: "Questo processo non rientra tra le nostre priorità. C'è carenza d'organico".
Sono certo che il Presidente Gubitosi avesse le sue buone ragioni per disporre il rinvio al 23 settembre 2013, ma sono altrettanto certo che al di là del merito la decisione ci faccia comprendere come mai ogni anno oltre 170.000 procedimenti cadano in prescrizione e perché siamo da oltre 30 anni condannati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per la non ragionevole durata dei processi.
Di certo tutta questa vicenda inevitabilmente richiama alla memoria l’immortale e kafkiano “Processo”: “Qualcuno aveva diffamato Josef K., perché senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato”.



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