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Grano: il M5s contro i tentativi di speculazione e la mancanza di trasparenza

11/07/2016

Il deputato pugliese L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera con i rappresentanti agricoli FIMA hanno incontrato i vertici camerali della Capitanata in vista della prossima riunione di mercoledì 13 che rileverà il nuovo prezzo del grano

Non cessa la fibrillazione nel mondo cerealicolo per le quotazioni sotto i costi di produzione del grano italiano, che vede nel territorio foggiano e nella Camera di Commercio cittadina il fulcro dello scontro tra agroindustriali ed agricoltori. In vista del prossimo incontro che si terrà mercoledì 13 luglio presso la Cittadella dell’Economia di Capitanata, alcuni rappresentanti della Fima (Federazione Italiana Movimenti Agricoli) con il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura a Montecitorio, si sono recati presso la sede camerale per chiedere chiarimenti sia sui regolamenti, sia sulla documentazione su cui basa il proprio lavoro la commissione della borsa merci che dovrebbe “rilevare” il prezzo del grano sia di alcune discrepanze che non lasciano ben sperare per l’andamento futuro delle contrattazioni. In assenza del Presidente della Camera di Commercio di Foggia Fabio Porreca e del segretario generale Matteo Di Mauro, la rappresentanza pro coltivatori è riuscita ad incontrare il dirigente dell’Area “Servizi anagrafici e certificativi e regolazione del mercato” Michele Villani.

“Dinanzi ad una semola che perde a malapena il 3,5%, si assiste ad un crollo del 24,5% della quotazione del grano, solo nel primo semestre del 2016 – commenta Giuseppe L’Abbate (M5S) –Una notevole e marcata discrepanza, già accaduta qualche lustro fa, che testimonia una rendita di posizione dominante e una possibile speculazione da parte degli agroindustriali, su cui interesseremo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. I prezzi stabiliti parlano, purtroppo, chiaramente (siamo scesi sotto i 20 euro al quintale, ndr) ma non vi è la ben che minima trasparenza su come vengano ‘rilevati’ questi valori visto che non esistono regolamenti, non vi sono dati ed informazioni rilevanti, non esiste un numero minimo di scambi da effettuare affinché venga giustificato un calo di prezzo di questa portata, con ricadute peraltro a livello nazionale. E, infine, permane un mistero come sia possibile ‘rilevare’ tali prezzi quando per stessa ammissione di alcuni agricoltori presenti ai tavoli dell’ente camerale foggiano vi sono contratti con l’agroindustria a 10 euro maggiori dei prezzi attualmente registrati. Dopo aver istituito per legge le Commissioni Uniche Nazionali (Cun) con un mio emendamento alla legge 91/2015 – conclude L’Abbate (M5S) – continueremo con il nostro fiato sul collo affinché venga finalmente redistribuito il reddito in tutta la filiera agroalimentare italiana, sinora appannaggio solo delle grandi imprese”.

“Sul grano non vengono rilevati i movimenti né in entrata né in uscita dall’Italia – commenta Saverio De Bonis, coordinatore nazionale della FIMA – Ci sembra assurdo che nel 2016 non si sia in grado di predisporre una banca dati con tutte le informazioni necessarie per rilevare il giusto prezzo di mercato. Assistiamo ad un qualcosa di umorale e che non si comprende da dove prenda spunto, dato che anche le stesse fatture sono tenute secretate dall’ente camerale. Siamo coscienti che alla lunga non stabilire una quotazione potrebbe essere persino peggiorativo per il mondo agricolo – continua De Bonis (FIMA) – ma la commissione della CCIAA di Foggia non può continuare a lavorare in questa maniera, a maggior ragione in vista del cambiamento epocale che avverrà con la Cun. Nelle more dell’emanazione del decreto da parte del Ministero dell’Agricoltura, infatti, chiederemo di affiancare alla giunta persone competenti in grado di coadiuvare il lavoro di rilevamento dei prezzi. La nostra è una battaglia di civiltà, a tutela del mondo agricolo, della redistribuzione del reddito in agricoltura, nonché a tutela del consumatore che chiede sempre più grani altamente qualitativi e con determinate caratteristiche che quelli esteri non sono in grado di garantire. Se siamo fuori dalle nostre aziende – conclude il coordinatore nazionale FIMA – è perché siamo costretti, per difenderle, a partecipare in prima persona: siamo stufi dei fallimenti delle associazioni di categoria che perdurano da oltre 20 anni”.




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