Ai funerali delle vittime della 658, il parroco:"fate qualcosa per quella strada"
24/09/2011
Quando le tre bare hanno varcato la soglia della piccola cappella di San Biagio, il silenzio dell’attesa e del cordoglio è stato rotto da un lungo applauso. L’intera comunità di Senise e di molti altri paesi ha voluto porgere così l’ultimo saluto a Nicola, Giuseppe e Maria Teresa, con lo sgomento che diventa partecipazione. Poi, lentamente, il corteo funebre ha attraversato in silenzio le strade del paese, tra le saracinesche dei negozi abbassate in segno di lutto. Davanti lo stendardo del Comune e le tre bare, una dietro l’altra, come una maledizione che si ripete e che esula da ciò che deve essere accettato come normalità; Senise conosce bene il dolore dell’estremo saluto reso contemporaneamente a più di un suo figlio. I familiari, stremati, seguivano quelle bare con gli occhi e con le mani appoggiate, quasi incollate, al vetro dei carri funebri. Appena dietro il sindaco, con la fascia tricolore. Un altro applauso ha accolto l’ingresso delle bare in piazza Aldo Moro, già gremita. I bambini della scuola elementare, con i loro grembiuli, restano, fermi, accanto al palco, a pochi passi dal coro. In piazza ci sono anche i ragazzi più grandi, di alcune classi delle scuole superiori. Adolescenti e bambini: in loro si rispecchia l’immagine di chi, oggi, esce maggiormente colpito da questa vicenda. I 5 figli di Giuseppe e Maria Teresa, giovani, giovanissimi, che con la forza dei grandi salutano le bare e accarezzano le foto della madre o del padre, degli zii e del nonno. Solo il loro aspetto tradisce l’infanzia o l’adolescenza interrotte bruscamente.
Nella piazza c’è un silenzio surreale, interrotto solo dal gracchiare dei corvi sulla chiesa del convento. Dall’altra parte c’è la collinetta del calvario: anche lì c’è gente, con gli uomini che sotto l’ulivo rimandano ad un’immagine d’altri tempi. Un’anziana signora vestita di nero, dopo l’eucarestia, si avvicina alle bare e le bacia una per volta. Molti avrebbero voglia di dire qualcosa, ma nessuno riesce a spezzare l’emozione. Tra pochi minuti Nicola, Giuseppe e Maria Teresa compiranno l’ultimo viaggio. Di nuovo insieme, simbolo esemplare delle famiglie che esistono ancora, di un padre che nel momento del bisogno trova nel figlio e nella figlia una compagnia, un supporto, una dedizione. Che vivranno per sempre nei giorni di tutti gli altri cari, mentre i figli, l’anziana mamma, i fratelli, i nipoti e i cugini si allontanano verso il cimitero questa volta a piangere, forse finalmente, soli nell’intima dignità della propria sofferenza.
Mariapaola Vergallito
Lasiritide, ha ritenuto opportuno dare la possibilità a tutti, anche a chi non era presente fisicamente, di ascoltare le parole di Don Pino marino e del Vescovo Monsignor Francesco Nolè; senza violare l'intimità del dolore di chi soffre, ma evidenziando come la tragedia della famiglia De Donato, per come è avvenuta, rappresenti un esempio dell'azione collettiva di una popolazione e, in generale, di una regione, nei confronti di problematiche che sempre si
rinovano in tragedie, spesso evitabili.
Salutando e ringraziando il Vescovo per la sua presenza,don Pino Marino, parroco di Senise, ha ricordato “la grande mortificazione che ogni giorno la comunità è costretta a subire quando un cittadino di Senise o del territorio scopre di essere affetto da tremenda malattia e inizia un vero e proprio calvario, con i viaggi della speranza per raggiungere luoghi lontanissimi, facendo durissime terapie e poi con il caldo, con la nebbia o con la neve, rimettendosi in viaggio per tornare nei propri paesi. Sono molti quelli che, oltre alla malattia, vivono il disagio di affrontare questi viaggi”.
Non con i miei soldi. Non con i nostri soldi di don Marcello Cozzi
Parlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua