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Chiaromonte e S.Uopo: intervista a Giovanni Percoco |
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19/05/2010 |
| Nel 1993 è stato pubblicato un volume dedicato a San Uopo. In questi giorni, a Chiaromonte, ricorre la celebrazione di questo importante personaggio. La Siritide ha chiesto all’autore del libro, Giovanni Percolo, di tracciare un profilo del Santo.
Lei ha scritto un libro intitolato I Miracolati di S. Uopo. Ma chi è Sant’Uopo? Cosa può dirci di questo personaggio?
Dopo varie ricerche da me condotte in molti anni, posso dire che del personaggio non si sa nulla. Si hanno delle notizie soltanto dalla tradizione, dalle favole che raccontava il vero aedo del Santo, il compianto Antonio Vozzi. Il nome Euplo è greco e nei documenti ecclesiastici di Chiaromonte è riferito sotto la forma Opo che si mantiene in tutto un manoscritto del 1616 che è servito per scrivere il libro di cui Lei parla.
Ma tale Santo era conosciuto prima del 1616?
Nel Syllabus Græcarum Membranarum del Trinchera troviamo due volte il termine S. Euplus. Si tratta certamente di un nome di persona, ma il Trinchera lo riferisce come toponimo: si tratta di un torrente che affluisce nel fiume Sarmento. E i documenti riportati dal Trinchera sono del 1145 e del 1165. Dunque fin dal medioevo questo personaggio era venerato come sanctus, haghios, cioè santo, ma non certo a Chiaromonte. Nemmeno, però, in Val Sarmento c’è una tradizione del culto del Santo. Tutti gli informatori hanno fatto riferimento a S.Uopo di Chiaromonte.
Il nome Euplus, come Lei ha detto, è greco. Allora il Santo non era originario di queste zone.
La forma greca del nome Euplous significa buon navigatore e sempre il citato Antonio Vozzi e altri anziani dicevano che S. Uopo veniva dal mare ed era un eremita. Accanto alla chiesetta a lui dedicata v’era un rudere che gli antichi chiamavano a casë d’u ‘mbiertë, dell’eremita.
E’ un santo proclamato dalla chiesa cattolica o è un santo popolare?
Ho affrontato questo problema nel capitolo che si intitola appunto S. Uopo: Santità canonica o santità popolare? Le testimonianze giurate sui miracoli di S. Uopo (Chiaromonte 6 giugno – 19 luglio 1616). Il Santo non figura in nessun martirologio, né negli Acta Sanctorum, né nella Bibliotheca Sanctorum. Solo la tradizione ne ha mantenuto il culto e la festività.
Ma nel 1616 stiamo in un periodo in cui le norme del Concilio di Trento erano ancora vive e non doveva essere facile venerare un santo non riconosciuto.
Certamente. Un documento di Clemente VIII del 6 luglio 1604, allora recentissimo, comminava pene severissime a chi avesse aggiunto al testo del Messale romano o ne avesse tolto qualche parola. Dunque è improbabile che nell’Orazione del Commune Confessoris non Pontificis si nominasse il Santo.
Ma allora i miracoli di cui Lei parla sono attribuibili a un Santo non ufficialmente riconosciuto?
Nel testo io parlo di fatti straordinari, anche se almeno uno ha tutta la parvenza di un miracolo: Scipione Marazita, un giovane paralitico di Aliano che, adagiato sul presunto sepolcro del Santo nella sua cappella, improvvisamente si alza e si mette a camminare. Ma si tratta di supposti miracoli che sconcertarono il vescovo Bernardo Giustiniani (1609 – 1616) che, come Lei sa e come si evince da una sua Relazione ad Limina Apostolorum, dimorava a Chiaromonte. Egli non s’intromise nei fatti, né li rifiutò, ma delegò il suo vicario generale a ricevere le testimonianze giurate.
Allora che senso ha il culto di S. Uopo? E d’altra parte anche un altro personaggio sul quale Lei ha scritto un libro, si trova nelle stesse condizioni, voglio dire il Beato Giovanni da Caramola.
Vede: io non sono né un teologo, né un agiografo, ma semplicemente uno studioso. Ho evitato di scrivere che il Beato Giovanni non è un santo proclamato dalla Chiesa cattolica giusto per non turbare la coscienza di tanti che da sempre lo hanno ritenuto Beato. In un altro mio scritto, però, intitolato «IL BEATO GIOVANNI DA CARAMOLA (SEC. XIV) - IL CULTO DI UN CONVERSO CISTERCENSE QUI CANONIZATUS NON EST AB ECCLESIA NEC EXPRESSE BEATIFICATUS», pubblicato in RIVISTA CISTERCENSE, n. 21 da pag. 65 a pag. 109 (2004) presso l’Abbazia di Casamari, informo su un decreto di papa Alessandro VII emanato il 27 settembre 1659 e pubblicato il 3 febbraio 1650, secondo il quale tutti i santi e i beati, che abbiano avuto da tempo immemorabile un culto ininterrotto e mai contestato, la visita dell’Ordinario del luogo, dopo un periodo di cento anni dall’inizio del culto, possono ritenersi santi o beati a tutti gli effetti. In tal senso il Beato Giovanni resta Beato e Sant’Uopo resta Santo.
lasiritide.it
nelle foto: una foto degli anni 30 della chiesa di Sant’Uopo con accanto i ruderi della casa dell’eremita.
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